D. Scarlatti Sonata in Mi K 380
B. Galuppi Sonata n° 7 in Re Mag.
Adagio, Allegro, Giga Allegro
G. Verdi Romance sans paroles
Valzer in Fa Mag.
R. Leoncavallo Canzonetta
G. Puccini Piccolo Valzer
G. Rossini Memento Homo
Un rêve
F. Busoni All’Italia
O. Respighi Notturno
G.F. Malipiero Preludio Autunnale n° 2
M. Castelnuovo Tedesco Cantico
L. Berio Wassermusik
A. Casella Due Ricercari sul nome B.A.C.H.
Domenico Scarlatti (1685 – 1757) cronologicamente appartiene al periodo barocco ma la sua musica è fortemente proiettata verso il futuro, contribuendo formalmente al nascere dello “stile classico” e della Forma Sonata in particolare, ed anticipando addirittura il Romanticismo grazie ad un invenzione melodica fluente e fortemente espressiva.
La breve Sonata in programma (tra le più celebri di Scarlatti) ne è un esempio chiarissimo, distendendosi fluida in un melodiare singolarmente sentimentale e appassionato per l’epoca.
Baldassarre Galuppi (1706 – 1785) fu uno dei musicisti italiani del ‘700 di maggior successo internazionale, scrisse più di cento melodrammi e fu cembalista e organista invitato e celebrato in tutte le maggiori Corti europee. Il suo stile melodico, elegante e flessibile s’incontrò con la poetica del Goldoni: questa collaborazione segnò la nascita e la diffusione in tutta Europa (dopo il 1749) del dramma giocoso.
Nelle sue numerose composizioni per cembalo Galuppi non brilla per la forza o l’originalità dell’armonia, ma una gaiezza sostenuta ed elegante, una verve incontenibile, e le forme graziose del suo canto gli procurarono una celebrità che resistette per gran tempo ai capricci della moda.
In epoca moderna è stato riscoperto da due sommi interpreti pianistici quali Arturo Benedetti Michelangeli e Vladimir Horowitz, che ne apprezzarono ed esaltarono la morbidezza e l’espressività quasi vocale delle sue linee melodiche.
Le musiche di:
Giuseppe Verdi ( 1813 – 1901),
Giacomo Puccini ( 1858 – 1924) ,
Ruggero Leoncavallo ( 1857 – 1919) e
Gioacchino Rossini (1792 -1868) costituiscono delle autentiche chicche, forse le uniche composizioni pianistiche – o comunque cameristiche – scritte in Italia nel pieno Ottocento da autori prettamente operistici (il Melodramma era di gran lunga l’unica forma di musica originale composta in Italia nell’Ottocento). Si tratta di piccole esercitazioni, briciole di genio che comunque ci riportano allo stile di un’epoca e di una cultura. Curiosa è la storia del Valzer in Fa Mag. Di Verdi.
L’attore Romolo Valli nel ’62 trovò in un mercatino rionale romagnolo lo spartito di un Valzer sconosciuto di Giuseppe Verdi. Lo acquistò e lo fece vedere all’amico M° Nino Rota che allora stava componendo le musiche per il film “Il Gattopardo” di Luchino Visconti. Rota si innamorò di questa melodia elegante e moderatamente festosa, la orchestrò, e divenne il Walzer per la famosa scena del Gran Ballo.
La melodia del Piccolo Valzer di Puccini fu invece utilizzata pochi anni dopo dallo stesso autore per la prima Aria di Musetta “Quando m’en vo” all’inizio del II° Atto di Bohème. I brani di Rossini, infine, conferiscono all’intero programma una sferzata di energia viva, virtuosismo brillante e ironia sagace e pungente.
Ferruccio Busoni (1866 – 1924) All’Italia :
fa parte delle Elegie per piano solo, e ne è la seconda. Il brano, pubblicato nel 1907, è in forma bipartita e si articola in due parti distinte: la prima “in modo napolitano” è una dolce Barcarola che si basa sul tema della celebre canzone napoletana “Fenesta ca lucive” , tema che compare più volte sempre avvolto da atmosfere diverse, ora limpide ed ora tenebrose o tumultuose. La seconda è una vera e propria Tarantella
Amico fraterno di Busoni, Ottorino Respighi (1879 – 1936), noto soprattutto per i suoi Poemi Sinfonici ispirati a Roma e al suo sapiente recupero di forme e stili antichi, ha scritto molte composizioni per pianoforte poco note ai più ma raffinatissime e di grande impatto emotivo. Tra i Sei Pezzi scritti tra il 1903 ed il 1905, spicca questo Notturno, dalle forme avvolgenti e ipnotiche, dagli accenti profondamente intimi e pudicamente lirici, disposto su armonie antiche proiettate verso dimensioni moderatamente modali e politonali, in quel suo tipico equilibrio instabile tra passato e futuro che lo rende autore unico ed estremamente affascinante.
Mario Castelnuovo Tedesco ( 1895 – 1968) presenta una scrittura pianistica non molto dissimile da quella di Respighi, ad essa la avvicinano l’amore per le forme antiche, un forte neoclassicismo linguistico che gli fa spesso usare armonie modali o politonali, e un pianismo pieno e rotondo di grande eleganza. Migrato in America nel ’39 per fuggire le leggi razziali, divenne uno dei più grandi compositori per chitarra prediletto anche da Segovia, e uno straordinario compositore di colonne sonore per il cinema. Ne curò più di 200 e fu Maestro del grande Henry Mancini. Forse anche per questo la sua musica è molto visionaria ed evoca immagini di grande raffinatezza. Le sue armonie ed il modo di accostarle tra loro ricordano da vicino lo stile di Ildebrando Pizzetti, che invece che al cinema si dedicò principalmente al teatro e a Gabriele D’Annunzio in particolare.
Pier Francesco Malipiero (1882 – 1973) attraversa il Novecento con solitaria eleganza, leggerezza e grande autonomia linguistica; per lunghi tratti come Respighi si è ispirato a forme stili antichi, recuperando anche scale gregoriane e atmosfere modali, poi si è abbandonato ad una totale libertà creativa basata esclusivamente sulle evoluzioni del canto, sulle arcate di un melodiare che si annoda intorno a centri armonici sempre cangianti e sempre più vicini all’atonalismo quasi puro.
Questi Preludi Autunnali ne sono un esempio lampante: non c’è intento formale costruttivo ma solo desiderio di dare voce in totale libertà ad atmosfere crepuscolari ed intime.
Luciano Berio (1925 – 2003 ) Encores pour piano :
sono sei brevi pezzi, scritti tra il ‘65 e il ‘90, raccolti sotto questo titolo, quasi ad evidenziarne la forma breve, aforistica e solo apparentemente disimpegnata. I primi quattro Encores sono dedicati agli elementi empedoclei: acqua, aria, terra, fuoco. Wasserklavier, del 1965, indaga gli aspetti simbolici e le suggestioni che possono essere legate al concetto di acqua, specie in relazione con gli strati “sommersi” della memoria: di qui l’utilizzo di materiale armonico derivato dall’Impromptu op. 142 n. 1 di Schubert e dall’Intermezzo op. 117 n. 2 di Brahms. Il risultato è di toccante nostalgia, anche grazie ad un attento ed originale studio sul timbro dello strumento, di cui si rievocano alcuni tratti salienti (in particolare derivati dal pianismo di Chopin, Debussy e Skriabin) con grande maestria ed originalità. Di Wasserklavier esiste anche una versione per 2 pianoforti, incisa dalle sorelle Labeque. Erdenklavier (1969) consiste in un’esplorazione degli effetti timbrici legati alla risonanza per simpatia ottenuta con giochi di note tenute e con forti contrasti dinamici. È un brano pressoché monodico,e forse anche per questo richiama atmosfere arcaiche, che possono essere associate ad una concezione archeologica dell’idea di “terra” e di ciò che sotto (o dentro) di essa si trova.
Brin (1990) è una breve pagina concepita come una poetica esplorazione delle possibilità timbriche del pianoforte: affiorano sonorità magiche o impalpabili, con evocative risonanze ottenute grazie al sapiente gioco di pedali e note tenute.
Alfredo Casella ( 1883 – 1947) Due Ricercari sul nome B.A.C.H. :
diviso in due parti contrapposte Funebre e Ostinato, il brano – composto nel 1932 – si sviluppa tutto sulle imitazioni e i contrappunti creati sulle note che formano il nome di Bach (Sib, la, do, si).
Ogni artifizio combinatorio viene utilizzato dal compositore, che sfoggia una padronanza assoluta della polifonia ma anche la capacità di creare atmosfere coinvolgenti o di grande concentrazione meditativa.